Giuseppe Cambi
RITRATTO DI GIUSEPPE CAMBI
di Anna Noferi
dal colloquio con il figlio Massimo
Giuseppe
Cambi, Beppe, è morto nel 1971 a soli cinquant'anni di una grave
malattia polmonare.
La grande passione che aveva per il suo lavoro e che lo teneva fisso su
di un pezzo per ore ed ore fino a che non aveva raggiunto la perfezione
che desiderava, lo costringeva anche a stare in contatto con polveri e
sostanze tossiche - soprattutto lui diceva che gli dava noia la polvere
del legno di noce di Mansonia e a quei tempi non c'erano le precauzioni
d'uso che vengono seguite oggi - che forse a poco a poco hanno minato
la sua salute.
Beppe ha cominciato da ragazzo, come tanti suoi amici di quegli anni,
a frequentare le botteghe di falegname per apprendere quest'arte. Il suo
primo maestro è stato Settimio Giorni , detto Arnese, da cui Beppe
andava ad imparare a fare le casse da morto che certo non dovevano intimorire
molto lui e gli altri ragazzi di bottega dal momento che si divertivano
a mettersi dentro le casse appoggiate alla parete, naturalmente senza
coperchio, quando facevano colazione.
Dopo ha lavorato presso un artigiano che aveva il negozio per il Borgo
della Croce e infine a Tavernelle dalla ditta Tavanti.
Poi appassionatosi ai mobili antichi andando a lucidare i mobili nella
bottega di Milton Poggini, lasciò la professione di falegname e
aprì una sua bottega di restauratore in via Libbia. Prima ancora
però per un periodo Beppe aveva lavorato al Conventone, dove abitava
con la sua famiglia, in uno stanzone in compagnia del suo pappagallo,
animale che gli doveva piacere molto dal momento che lo aveva raffigurato
anche su di un tavolino che poi aveva venduto e che è tornato alla
figlia sposatasi col figlio di coloro che lo avevano acquistato. Anche
nella bottega in via Libbia Beppe aveva un amico speciale: Dik il cane
che lo accompagnava sempre e con cui " discuteva" durante le
lunghe ore di lavoro.
Raccomandato da Milton e dal Calli che lo stimavano,cominciò a
lavorare nelle ville dei dintorni, soprattutto di Caprese Michelangelo
e di Arezzo. Era molto apprezzato perché nel suo lavoro era un
perfezionista e non consegnava un pezzo fino a che non era come voleva
lui.
Ma non era il solo in casa ad essere conosciuto e richiesto anche fuori
di Anghiari, la moglie, Felicina, creava capolavori al tombolo che venivano
acquistati a Firenze, Milano, Varese e Venezia e da lei sono andate a
scuola molte signore anghiaresi che ancora oggi praticano quest'arte.
Oltre al restauro nella sua bottega Beppe realizzava anche mobili in stile
- a lui piaceva lo stile 800 e disegnava lui stesso gli oggetti che realizzava
prendendo spunti anche dai libri d'arte - che gli venivano commissionati
e mobili e oggetti per i suoi figli.
Amava lavorare soprattutto con la radica di olivo da cui ricavava dei
listelli sottili di vari colori che incollava insieme per fare le cornici
e per ricoprire mobili e tavoli dove veniva ricostruito perfettamente
il disegno della radica della pianta.
Questa tecnica richiedeva molto tempo e pazienza e Beppe ad Anghiari era
il solo che la eseguiva.
Proprio in un cassettino segreto di un armadio della camera della figlia
è stato trovato, dopo la sua scomparsa , un pugnale dei tempi di
Vittorio Emanuele a cui lui teneva molto e che aveva conservato gelosamente
per lasciarlo al figlio.
Amante della famiglia, padre affettuoso e pieno di premure, Beppe a volte
si portava dietro i figli quando si spostava per lavoro; Enrica ricorda
ancora con nostalgia le gite in Lambretta col padre al Castello di Galbino,
e Massimo quelle a Città di Castello dove da piccolo accompagnava
il padre che si faceva fare da un artigiano del posto rifiniture in ottone
in stile per i suoi mobili.
Allegro, uno che non si arrabbiava mai, un pacioccone - come lo ricorda
il figlio - gli piaceva anche stare in compagnia di colleghi e amici con
i quali si riuniva per abbondanti colazioni - dove, divenuto nonno ad
appena quarantasei anni, portava anche la nipotina di tre anni che adorava
e dalla quale non si voleva mai separare, senza scordare però l'amico
Dik - o per fare qualche scappatella o per andare a caccia.
Purtroppo poiché a quei tempi non si scriveva niente e si lavorava
sulla fiducia, e per la malattia che lo ha portato via in breve tempo
Giuseppe Cambi non ha potuto informare i figli dove li avesse collocati,
molti mobili e oggetti fra i più belli, che erano stati prestati
per mostre ed esposizioni, non sono stati più ritrovati.
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