DISEGNI

Disegno a matita da "Guido Reni - Caduta di Fetonte"

Ritratto di signora con pelliccia. (Anna Maria Petreni)


 
Andrea Fedeli sarebbe dovuto nascere circa cinquecento anni fa, quando arte e artigianato erano parti di un unico universo creativo, o, se vogliamo, facce dello stesso homo faber. Nella sua bottega si sarebbero creati manufatti di alta qualità e opere d'arte, utensili e decorazioni, oggetti d'uso comune e cori d'altare. Le stesse cose di cui oggi si occupa il suo attrezzatissimo laboratorio di restauro; solo che nella nostra epoca, fatta di attitudini specializzate e parzialità teoriche, Fedeli è uno dei pochi a perseguire teoria e prassi alla luce di una vasta conoscenza e un'alta dignità del fare.
È ovvio che per lui anche dipingere non è attività privilegiata ed esclusiva, ma una pratica onnicomprensiva che accorpa le diverse esperienze, accende e spegne l'emozioni, sotto il denominatore comune delle espressione individuale.
Ricordo un quadro di Fedeli, dove è raffigurata la famiglia dell'autore riuniti intorno alla tavola nel momento “sacrale” del pranzo: li ritroviamo la lezione compositiva del Cinquecento, l'accento intimo e affabulatorio di parte del nostro Novecento, i toni, i colori e la materia appena stemperati nell'esperienza dell'espressionismo nordico, il segno corposo del manierismo. Quale possa essere il rapporto attivo di Fedeli con gli antichi cui rivolge attenzione, lo mette a fuoco uno scritto di Ungaretti: - Se un pittore, studiando i maggiori del suo paese, scopre una pura realtà ricca d'effetti nel colore apparso in un dato modo nel dipinto di un dato maestro, potrà in altri esempi insigni, cercare la certezza della sua scoperta, e potrà trovarla confermata dipingendo umili oggetti nei quali nulla sia in grado di mescolarsi al proprio sentire purificato così al fuoco della storia -. Nei più recenti ritratti e nature morte di Fedeli si avverte però una sorta di distanza estetica dal soggetto, come se quella certa fisionomia o quell'oggetto non fossero il vero fulcro espressivo, ma un “pretesto” per porre in rilievo la pittura stessa quale protagonista unica della pagina: così volti, corpi, scorci d'interni, tavoli con tovaglie ricamate, frutta o arredi vari, finiscono per assorbire il carattere stesso dell'andamento pittorico, con il suo graduale incedere attraverso una filigrana di racconti interni discreti e quasi invisibili. Qui la realtà diventa irreale per paradosso, per essersi sfogliata di ogni istanza descrittiva o emotiva; è una specie di esplorazione di partiture che inducono la spoliazione della forma da qualsiasi celebrazione narrativa o riproduttiva. Una liberazione da termini “ realistici” come dalle identità stilistiche precostituite. È il suo modo, infine, per rendere oggettiva la conoscenza, per penetrare alla radice nelle esperienze sue proprie di individuo che non vuole farsi sedurre dalle correnti e dalle maniere culturali esterne, che rifiuta cioè gli atteggiamenti provinciali.

Nicola Nuti

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