Negli ultimi decenni si sono perfezionati più sistemi d'intervento atti a rispondere al problema reintegrazione, che regolino questa operazione per non incorrere in ricostruzioni arbitrarie o non riconoscibili.
Negli anni sessanta era consuetudine attuare un restauro neutro, (scientifico) lasciando la parte vuota o inserendo una materia diversa, o come nel caso riguardante i manufatti lignei, ricostruire la parte mancante con un'essenza diversa da quella originale per evidenziare la reintegrazione apportata.
Dalla metodologia purista le tecniche di reintegrazione si sono “evolute” forse è meglio usare il termine modificate, prendendo esempio dalle metodologie d'intervento che si applicano per i quadri o tavole dipinte, dove si adopera per reintegrare le lacune la tecnica della selezione cromatica, che consiste, nel ricostruire tramite del tratteggio con dei colori a vernice le zone danneggiate.
Oppure intervenire con la tecnica denominata della anastilosi, che consiste nel ripristinare una raffigurazione intarsiata identica all'originale, facendola distinguere con piccoli dettagli che la possono differenziare dalle parti originali riscontrabili solamente ad occhi esperti.

 

Nella foto esempio di reintegrazione inerente alla parte superiore del complesso, che si colloca tra il metodo scientifico e quello della anastilosi, dove le parti ricostruite, di stessa essenza, si differenziano solamente per la mancanza del motivo decorativo ad intaglio e ad intarsio.

 

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